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Il TAR del Lazio rinvia i costi minimi alla Corte europea
18/03/2013
Il TAR del Lazio rinvia i costi minimi alla Corte europea

Il TAR del Lazio si è pronunciato sui ricorsi relativi ai costi minimi decidendo il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea e sospendendo, nel frattempo, il giudizio sulla loro compatibilità rispetto ai principi europei sino alla definizione delle questioni pregiudiziali.

Interessanti i dubbi sollevati dai Giudici sulla disciplina introdotta dall’83 bis: “Il Tribunale, premesso che la determinazione autoritativa ed eteronoma di costi minimi di esercizio costituisce una parte essenziale del corrispettivo del servizio e si risolve in una compressione indubitabile della libertà negoziale e, quindi, della libertà di concorrenza e delle libere dinamiche del mercato, dubita che la disciplina introdotta dall’art. 83 bis citato, ed applicata con i provvedimenti oggetto di gravame, sia valutabile come congrua e proporzionata rispetto all’interesse pubblico tutelato della sicurezza stradale, così da potere trovare in detta finalità di rilievo pubblicistico adeguata e sufficiente giustificazione.

La realizzazione di maggiori utili di impresa, come assicurati dalla fissazione autoritativa di costi minimi di esercizio, non appare direttamente e necessariamente strumentale rispetto al fine perseguito della sicurezza stradale. Invero, la predeterminazione dei costi di esercizio:

a) non costituisce l’unica misura attraverso cui apprestare tutela alla sicurezza stradale, apparendo al contrario sicuramente più idonee misure relative agli elementi da cui dipende la sicurezza stessa (limiti di velocità, caratteristiche dei mezzi e obblighi di manutenzione, turni di riposo dei conducenti, organizzazione del lavoro e formazione dei conducenti, introduzione di un sistema di responsabilità e sanzioni, con i relativi controlli;

b) non costituisce neanche misura astrattamente idonea a garantire la sicurezza, se non in stretta correlazione con l’adozione di altre misure di sicurezza (non sussistendo altrimenti alcuna garanzia che i maggiori margini di utile connessi alla fissazione di un livello minimo di prezzi siano destinati a coprire i costi delle misure di sicurezza;

c)non ha carattere eccezionale ma è suscettibile di applicazione generalizzata;

d) ha un’efficacia temporale illimitata;

e) è contraddetta dalla possibilità, prevista dal comma 4 dell’art. 83 bis, di deroga ai costi minimi di esercizio nel caso di accordi volontari conclusi tra le organizzazioni associative dei vettori e dei committenti.

Più in generale, può osservarsi come la fissazione di tariffe minime, come strumento atto a garantire la sicurezza nella circolazione dei veicoli , non è prevista in nessuna normativa di settore. La disciplina principale in materia di circolazione stradale, infatti, è contenuta nel d.lgs. n. 285 del 1992. In tale decreto alcun riferimento si rinviene in ordine allo strumento della tariffa minima, occupandosi il legislatore piuttosto di disciplinare, ad esempio, i titoli abilitanti la guida (artt. 115 e ss.), prevedendo le norme di comportamento su strada (artt. 140 e ss.), e le norme sulle modalità costruttive e di equipaggiamento dei veicoli e gli accertamenti tecnici per la circolazione (artt. 71 e ss.).

Al contrario, nell’originario disegno dettato dal d. lgs. n. 286/2005, in relazione ai contratti scritti di autotrasporto, previsti come la forma ordinaria di contrattazione, la garanzia di rispetto degli standard di sicurezza era affidata alla previsione di nullità delle clausole implicanti modalità e condizioni di esecuzione delle prestazioni contrarie alle norme sulla sicurezza della circolazione stradale (art. 4, co. 2).

Il Collegio osserva poi come nell’attuale sistema la determinazione dei costi minimi di esercizio sia rimesso, in prima battuta, ad accordi volontari di settore fra le associazioni rappresentative dei committenti e dei vettori e, in mancanza, ad un organismo, come l’Osservatorio in seno alla Consulta, la cui composizione è caratterizzata in larga parte da soggetti eletti dalle associazioni di categoria.

La sentenza della Corte di Giustizia del 1.10.1998, resa nel noto caso Librandi, con la quale la Corte riconobbe la conformità della legge 6 giugno 1974 n. 298, istitutiva delle tariffe obbligatorie a forcella, con i principi comunitari, precisò come le limitazione al principio di concorrenza siano giustificabili solo alla stregua di un interesse pubblico ritenuto prevalente e secondo misure e criteri di apprezzamento e ponderazione la cui definizione non può che essere rimessa ai pubblici poteri e non già agli operatori economici di settore.

Per tali motivi il Tribunale dubita che sia compatibile con il diritto dell’Unione, e con gli stessi principi affermati dalla Corte di Giustizia nella menzionata sentenza, un sistema normativo che, in mancanza di una predeterminazione normativa di criteri diretti a disciplinare sia pure in via generale l’attività, nella sostanza, affida all’accordo tra gli operatori economici privati la determinazione delle tariffe minime o, in subordine, ad un organismo che, per la sua stessa costituzione, non presenta sufficienti condizioni di indipendenza rispetto alle valutazioni e alle scelte degli stessi operatori del settore.

Alla luce di tutto quanto esposto, e nei limiti della sintesi prescritta per i provvedimenti di rinvio pregiudiziale dalla stessa Corte, il Tribunale domanda alla Corte di Giustizia:

- se la tutela della libertà di concorrenza , della libera circolazione delle imprese, della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi (di cui agli artt. 4 (3) TUE, 101 TFUE, 49 , 56 e 96 TFUE) sia compatibile, ed in che misura, con disposizioni nazionali degli Stati membri dell’Unione prescrittive di costi minimi di esercizio nel settore dell’autotrasporto, implicanti fissazione eteronoma di un elemento costitutivo del corrispettivo del servizio e, quindi, del prezzo contrattuale;

- se, ed a quali condizioni, limitazioni dei principi citati siano giustificabili in relazione ad esigenze di salvaguardia dell’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione stradale e se , in detta prospettiva funzionale, possa trovare collocazione la fissazione di costi minimi di esercizio secondo quanto previsto dalla disciplina di cui all’art. 83 bis del d.l. n.112/2008 e successive modificazioni ed integrazioni;

- se la determinazione dei costi minimi di esercizio, nell’ottica menzionata, possa poi essere rimessa ad accordi volontari delle categorie di operatori interessate e, in subordine, ad organismi la cui composizione è caratterizzata da una forte presenza di soggetti rappresentativi degli operatori economici privati di settore, in assenza di criteri predeterminati a livello legislativo” Per questi motivi, il TAR ha rinviato la questione alla Corte di giustizia.

Allegati
  tar-lazio-iii-ter-ordinanza-n.2721-2013.pdf